Pull or Push?

Cosa funziona di più nel marketing?

Tiziana Troisi 17/12/2020 0

Questo è l’antico dilemma che ci troviamo innanzi ad una porta. Per entrare o uscire, devo spingere o tirare?

 Lo stesso principio possiamo applicarlo al marketing. Esistono infatti due tipi di strategie completamente opposte: il marketing push e il marketing pull.

Possiamo definire la strategia push alla stregua del marketing tradizionale. Si tratta di un’azione unidirezionale in cui l’azienda spinge il prodotto verso il cliente.

il pull marketing, per contro, è più orientata al cliente con il quale si instaura una relazione reciproca di scambio. I social media marketing e il content marketing ne sono un esmepio.

Outbound marketing

La differenza tra i due modus di vendita si basa anche sulla organizzazione del percorso di acquisto. Nel caso dell’outbound marketing (o push) la promozione del prodotto/servizio avviene per tramite di rivenditori e commerciali.

L’obiettivo è accorciare le distanze tra promozione ed acquisto. Lo si può fare attraverso modalità diverse. Partiamo dalle promozioni fieristiche, al packaging accattivante passando per le promozioni, i coupon e gli sconti.

Il marketing tradizionale è spesso sinonimo di marketing push. La comunicazione unidirezionale che la caratterizza favorisce i risultati immediati.

Il messaggio di vendita è particolarmente aggressivo allo scopo di  creare una domanda immediata da parte dei clienti.

Content marketing e inbound marketing

Il pull marketing è orientato alla costruzione di una relazione. Lo scopo è quello di creare una comunità introno al marchio caratterizzata da un certo grado di fidelizzazione.

Seppure questo richieda più tempo, il risultato ottenuto è nettamente più duraturo. Conosciuto anche come inbound marketing, questa strategia si inserisce laddove il suo target è già presente e svolge le sue relazioni, come i social network.

Il content marketing è un altro tipo di strategia pull che utilizza il contenuto come calamita per il cliente. Si fornisce a lui la risposta ai suoi quesiti, si offre intrattenimento e, solo successivamente, verrà esplicitata l’azione di vendita.

In maniera dissimulata infatti si inserirà la CTA, ovvero l’invito all’acquisto o alla prova di un prodotto/servizio. 

Come mettere in campo una strategia di pull marketing? Innanzitutto attraverso il posizionamento che è basato proprio sulle ricerche del cliente.

Poi con il content marketing, pensiamo al blogging o ai video, i podcast o gli ebook. Per ultimo, ma non per importanza, attraverso il social media marketing.

Sicuramente questo tipo di approccio trova il suo humus nel web marketing e in tutto il mondo di internet.  

Push or pull? Una cosa non esclude l’altra

Non è necessario scegliere, se è questo quello che ti stai chiedendo. Le due strategie possono andare di pari passo.

Non è necessario rinunciare a partecipare alle fiere oppure licenziare il proprio commerciale. Il marketing mix sei tu a deciderlo.

Sicuramente conviene testare vari canali per capire quale sia il più proficuo.  Sicuramente, le pubblicità televisiva ha ancora il suo valore ma questo non deve precludere dall’avere il ricorso ad una adeguata comunicazione sui social.

Se la tua azienda è una strat up il push ti permetterà di farti conoscere in maniera più immediata. Raggiungerai così un pubblico più vasto per cui si tratta, sicuramente di una buona strada per la tua brand awareness.

Purtuttavia il contatto instaurato deve consolidarsi nel tempo e può farlo solo attraverso tecniche di pull marketing che colgano gli interessi dell’utente e lo coinvolgano quotidianamente.

Studio del target, approfondita conoscenza del mercato di riferimento, fantasia e creatività sono alla base di un ottimo marketing mix. Riuscirai così ad interfacciarti con il tuo buyer persona e non solo per vendergli qualcosa!

 

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Tiziana Troisi 29/12/2021

Brand identity e brand image: definizioni e differenze
Quanto sei attratto dai brand che si presentano bene? Anche se non vogliamo ammetterlo, l’estetica gioca un ruolo molto importante nelle scelte di acquisto. Proprio per questo motivo, curare l’immagine di un brand è fondamentale. ogni brand deve decidere i valori da trasmettere   e renderli visibili e tangibili nella brand identity. Non sai cos’è la brand identity? Traducendo letteralmente dall’inglese, per brand identity si intende l’identità del brand. Questa identità del brand è creata dal brand stesso ed è fatta di vari aspetti che insieme delineano chi è il brand e dove vuole arrivare. Brand identity: cos’è Quali sono le componenti che formano, di fatto, una brand ideyntity? Di solito, la brand identity è contenuta in un documento unico che raccoglie tutti gli utilizzi dei loghi e delle componenti vis ual del brand e le loro varie declinazioni sui social. La brand identity comprende quindi: Logo Colori e combinazioni degli stessi Valori aziendali Mission e vision Font Brand Mantra Tutti questi aspetti formano la brand identity che è l’aspetto visivo del brand ma non solo: la braùnd identity riguarda anche i valori che il brand decide di abbracciare. La scelta di valori e visual identity deve rispecchiare quello che l’azienda vuole essere agli occhi dei competitor e soprattutto del target. Solitamente queste scelte sono fatte anche in funzione del target di riferimento. È proprio per strizzare l’occhio al target di riferimento che il brand sceglie determinate caratteristiche della sua identità. Per catturare l’attenzione del target si usano determinati colori o font: se per esempio un brand vuole fare colpo sui giovan8i adolescenti, userà colori più accessi e un font molto simile a quello dei social più frequentati Quando si parla di brand identity, si parla di un’ idea di identità creata proprio dal brand, convinto forse che quegli accorgimenti bastino a dare a chi vede il brand dall’esterno la percezione desiderata. Ti spiego meglio: se un brand di cosmetici vuole fare colpo su un determinato target sceglierà un modo di comunicare che sia affine al suo target potenziale, essendo quasi  sicuro di aver fatto centro. La percezione di un brand, purtroppo o per fortuna, non passa solo attraverso la brand image decisa “a tavolino” dal brand stesso.  Nell’epoca dei social poi, la percezione da parte degli utenti si canalizza spesso tutta in gruppi o piccole comunity. Brand image: cos’è Oggi, prima di comprare un prodotto chiunque cerca in rete opinioni sul prodotto stesso, per capire se vale davvero la pena acquistarlo. Quello che un brand deve davvero tenere in considerazione, oltre alla brand identity, è soprattutto la brand image. Il termine brand image vuole racchiudere tutte quelle che possono essere considerate le percezioni esterne riguardo al brand stesso. In poche parole la brand image risponde in modo piuttosto diretto alla domanda:  “Cosa pensano del mio prodotto?” Parte della brand image sono quindi le opinioni della community di riferimento.  Ma non solo: la brand image di fatto è la percezione mentale che si ha del brand e dei valori che esso veicola. Per esempio, per molti anni il brand Xiaomi è stato vittima di una brand image negativa dovuta all’origine asiatica dei suoi prodotti. Nonostante l’obboettiva qualità del brand, questo veniva snobbato in favore di brand più blasonati. Brand identity e brand image: differenze Ora che sai che la brand identity non è una sola ma ha due facce, proviamo ad approfondirle insieme, illustrandoti le differenze principali tra brand image e brand identity: La brand identity può essere sempre decisa e controllata a priori: capita molto spesso anzi che alcuni brand decidano di cambiare la brand identity per migliorarsi. La brand image invece non può essere controllata proprio perché dipende da fattori esterni La brand image si fonda prima di tutto sulle emozioni e sulle percezioni soggettive, può quindi variare moltissimo da persona a persona. La brand identity si basa invece su qualcosa di tangibile, che non è interpretabile diversamente, a meno che nelle intenzioni del brand stesso non ci sia una volontaria ricerca di ambiguità. La brand image risulta purtroppo, a differenza dell’idemtity, più difficile da sondare e “quantificare” Come conciliare queste due facce: spesso, brand image e brand identity non coincidono. Se dovesse succedere il contrario, vuol dire che il team marketing ha fatto un ottimo lavoro.   E tu, conoscevi queste definizioni? Diccelo. Quanto sei attratto dai brand che si presentano bene? Anche se non vogliamo ammetterlo, l’estetica gioca un ruolo molto importante nelle scelte di acquisto. Proprio per questo motivo, curare l’immagine di un brand è fondamentale. ogni brand deve decidere i valori da trasmettere   e renderli visibili e tangibili nella brand identity. Non sai cos’è la brand identity? Traducendo letteralmente dall’inglese, per brand identity si intende l’identità del brand. Questa identità del brand è creata dal brand stesso ed è fatta di vari aspetti che insieme delineano chi è il brand e dove vuole arrivare. Brand identity: cos’è Quali sono le componenti che formano, di fatto, una brand ideyntity? 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Per catturare l’attenzione del target si usano determinati colori o font: se per esempio un brand vuole fare colpo sui giovan8i adolescenti, userà colori più accessi e un font molto simile a quello dei social più frequentati Quando si parla di brand identity, si parla di un’ idea di identità creata proprio dal brand, convinto forse che quegli accorgimenti bastino a dare a chi vede il brand dall’esterno la percezione desiderata. Ti spiego meglio: se un brand di cosmetici vuole fare colpo su un determinato target sceglierà un modo di comunicare che sia affine al suo target potenziale, essendo quasi  sicuro di aver fatto centro. La percezione di un brand, purtroppo o per fortuna, non passa solo attraverso la brand image decisa “a tavolino” dal brand stesso.  Nell’epoca dei social poi, la percezione da parte degli utenti si canalizza spesso tutta in gruppi o piccole comunity. 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Brand identity e brand image: differenze Ora che sai che la brand identity non è una sola ma ha due facce, proviamo ad approfondirle insieme, illustrandoti le differenze principali tra brand image e brand identity: La brand identity può essere sempre decisa e controllata a priori: capita molto spesso anzi che alcuni brand decidano di cambiare la brand identity per migliorarsi. La brand image invece non può essere controllata proprio perché dipende da fattori esterni La brand image si fonda prima di tutto sulle emozioni e sulle percezioni soggettive, può quindi variare moltissimo da persona a persona. La brand identity si basa invece su qualcosa di tangibile, che non è interpretabile diversamente, a meno che nelle intenzioni del brand stesso non ci sia una volontaria ricerca di ambiguità. La brand image risulta purtroppo, a differenza dell’idemtity, più difficile da sondare e “quantificare” Come conciliare queste due facce: spesso, brand image e brand identity non coincidono. Se dovesse succedere il contrario, vuol dire che il team marketing ha fatto un ottimo lavoro.   E tu, conoscevi queste definizioni? Diccelo.
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Gabriella Avallone 23/06/2021

L’effetto Priming
Iniziamo spiegando che cos’è l’effetto priming:   Parliamo di effetto priming per indicare un effetto psicologico che si ha quando l’esposizione ad un determinato stimolo, definito per l’appunto “prime”, influenza la percezione di uno o più stimoli successivi.   Questo effetto è considerato un potente strumento di neuromarketing. A nessuno piace pensare di non essere autonomi nelle scelte o di poter essere condizionati, ma chi può dire che un negozio non abbia potuto aumentare le vendite in shop grazie all’utilizzo della fragranza di Vaniglia, oppure grazie alla scelta di una musica piacevole di sottofondo che possa far restare i clienti più a lungo nel negozio. Nessuno ricorda di aver sentito questi stimoli, eppure tutti ne siamo stati inconsapevolmente vittime.   Ma facciamo un esempio Può capitare di ricevere un primo stimolo che definiremo “A” e successivamente un secondo stimolo “B”, la reazione a questo ultimo stimolo sarà condizionata da “A”. Sarebbe stato diverso se fossimo stati raggiunti soltanto dallo stimolo “B”.   Immaginiamo di sentire un suono ed a seguito di questo dover descrivere delle immagini. La percezione del suono influenzerà la descrizione delle immagini. Se “A” ascolta musica triste e “B” musica più allegra, a seguire, guardando della immagini correlate a quei suoni, “A” darà una descrizione negativa, mentre “B” darà una visione più positiva.   Queste reazioni a catena possono essere innescate a seguito di diverse tipologie di stimoli come: testi, immagini, colori, suoni e video. Vediamo alcuni esempi di facili correlazioni:         Di sicuro non avrai impiegato molto tempo ad indicare la lettera mancante. Perché lo stimolo visivo ti ha indotto a capire di cose si stava parlando. Nonostante avessi a disposizione le medesime lettere, lo stimolo visivo ti ha subito indotto a pensare a parole diverse. E non solo, quando l’attivazione è generata da uno stimolo esterno, porta ad uno stato di innesco o di preattivazione (Priming Condition) dei concetti ad essa correlati.   Il Prime non fa altro che attivare le informazioni già presenti nel magazzino della memoria a lungo termine rendendole più velocemente accessibili. Immaginando il nostro cervello come una struttura a rete sarà più facile immaginare come funzionano le associazioni e le connessioni, dette sinapsi. Quando uno stimolo prime si verifica, da il via alla diffusione dell’attivazione che va ad interessare tutti i nodi correlati.   Come può essere l’effetto priming:   -       Priming Positivo e Negativo: quando lo stimolo velocizza l’elaborato dello stimolo target, come con la parola “fiore” si pensa subito al suo profumo, colore ecc. -       Priming Visuo-Percettivo: si basa sulla forma dello stimolo, che rimanda a meccanismi inconsapevoli di memoria che tengono traccia delle percezioni passate. -       Priming Semantico: si ha più velocità della risposta se gli stimoli sono correlati semanticamente. -       Priming Ripetuto: con una maggiore frequenza di esposizione allo stesso stimolo, come un logo o la costruzione di un personaggio, alla fine si finisce con il preferirlo ad altri. Questo vale con la musica, con la pubblicità, con i packaging ecc. -       Priming subliminale: può verificarsi quando il soggetto non riconosce il prime, perché gli stimoli vengono mostrati per un lasso di tempo così breve da non poter essere riconosciuti coscientemente. Come messaggi subliminali che possono influenzare i pensieri.   Studi sui messaggi subliminali come quelli nel 1957, condotti da Vance Packard, pubblicati in “I persuasori occulti”. Veniva riportato uno degli studi condotto in una sala cinematografica. Ad insaputa degli spettatori, tra i fotogrammi del film vennero inseriti messaggi come “Bevi Coca-Cola” o “Mangia Pop-Corn” per circa 0.3 millesimi di secondo con un intervallo di 5 minuti l’uno dall’altro, il tempo necessario per elaborare gli stimoli. I distributori fuori dalla sala riscontrarono un aumento significativo delle vendite quella sera.   Effetto priming nel marketing L’effetto priming ampliamente utilizzato, soprattutto quando si parla di branding finalizzato alla costruzione della brand identity. Se ti fermi a riflettere noterai che tutto quello che pensiamo dei brand è una percezione costruita nel tempo proprio sfruttando l’effetto priming. Un circolo virtuoso che stimoli che alimenta la percezione positiva del brand.
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Paola Palmieri 05/02/2021

Nutella: ricetta per una strategia perfetta
Da Carosello a oggi ne è passato di tempo e, negli anni, la comunicazione di Nutella si è rafforzata sempre più. Se oggi si festeggia il Nutella world day un motivo ci sarà, per capirlo facciamo insieme un passo indietro: iniziamo con un po’ di storia. L’origine Parli di crema spalmabile alle nocciole e ti viene in mente lei: la Nutella. Ma come nasce? Essa prende vita da un’idea di Pietro Ferrero mente imprenditoriale che, dopo la Seconda guerra mondiale, per sopperire alla scarsità di cacao si inventò questa ricetta tutta nuova: zucchero, nocciole e pochissimo cacao. Da allora fu subito un successo e, se la ricetta è rimasta immutata negli anni, la comunicazione no. Si è evoluta ed ha saputo sfruttare al meglio ogni canale a sua disposizione, fino ai giorni nostri. Indaghiamola più da vicino.  Il packaging Il segreto è racchiuso tutto nel vasetto diventato ormai icona: in origine, e parliamo del 1964, aveva una forma più o meno squadrata qualche anno più tardi ha assunto la forma che conosciamo noi tutti oggi. Tondeggiante, rigorosamente in vetro, con tappo in plastica bianco, etichetta con marchio in evidenza e possibilità di riciclarlo in mille modi. Molti quelli entrati nelle case degli italiani e negli ultimi anni si è avvicinata ancor di più ai clienti offrendo loro la possibilità di personalizzarli ed è la svolta.  Le tappe principali • È il 2013 e l’azienda lancia la campagna “Nutella sei tu” con la possibilità di vedere il proprio nome stampato sul vasetto. • 2014: è la volta delle frasi motivazionali.  • 2015: espressioni dialettali compaiono in etichetta, facendoci compiere un bellissimo viaggio lungo lo stivale attraverso le espressioni più tipiche dal “daje” allo “jamme jà”. • 2016: arriva la lampada con luci a led e connettore USB • 2017: la limited edition e la possibilità di ricevere uno speaker bluetooth a forma di vasetto • 2018: la partnership con Alessi regala un orologio da collezionare • Nel 2019 Nutella sfrutta il barattolo per veicolare messaggi importanti: “anche se siamo tutti diversi, c’è sempre qualcosa che unisce”. Ogni vasetto ha un solo gemello ed è caccia a quello uguale al tuo. E qui c’entra lo zampino di internet. Le pubblicità La comunicazione di Nutella ha contribuito alla costruzione di una brand image grazie alla pubblicità sia cartacea che audiovisiva. Al centro di queste campagne c’è sempre un fattore emozionale, punta sul senso di famiglia (il target) e fa leva su sentimenti genuini. È così che prendono forma i primi slogan. Da “L’esperienza delle mamme è sempre Nutella” agli anni Ottanta con “Energia per fare e pensare” fino allo slogan con cui tutt’oggi identifichiamo la crema spalmabile “Che mondo sarebbe senza Nutella?”. In ciascuna delle pubblicità stampate o andate in onda negli anni si è poi sottolineato sempre la qualità del prodotto e così la sua unicità: il vero segreto del suo successo.  I social Così veniamo ai giorni nostri, Nutella è sempre stata al passo con i tempi e lo ha dimostrato ancor di più aprendo un proprio canale Youtube dove trasmette “Storie di colazione”. Qui si crea un legame speciale con i consumatori che diventano essi stessi protagonisti delle strategie di marketing e comunicazione dell’azienda. Che ne dici di dare uno sguardo alla sezione apposita dedicata ai fan sul sito?  La scelta poi di affidarsi a testimonial di successo come nel 2017 con Luca Argentero completa il quadro e ne sottolinea la scelta vincente in linea con tutte le altre. Oggi continua a mietere successi lanciando #challenge interessanti e non temendo competitor alcuno: abbiamo ancora molto da imparare da lei.  Se la storia di questo brand ti ha appassionato non perderti i prossimi appuntamenti di marketing e non solo.   
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